Global Finance: Air Measures

By Author: PAOLO BRERA
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E se gli hedge fund venissero travolti dal minaccioso buio oltre la siepe e finissero nel profondo? In effetti, su certi àmbiti della fi­nanza più spericolata si stanno oggi addensando nuvoloni neri, forieri se non di procella, perlo­meno di regolazione, che gli spe­culatori temono sopra ogni cosa. I segni sono numerosi. L'ultimo in ordine di tempo è quello che proviene dalla Cina: sono stati imposti limiti ai bonus dei ban­chieri, che dovranno essere ritar­dati di almneo tre anni e potran­no essere bloccati se la banca an­drà male. Insomma, per la prima volta un Paese comunista si pre­occupa di arginare gli eccessi del­la finanza capitalistica.
La Commissione cinese che re­gola il settore bancario ha spie­gato che i provvedimenti «hanno come obiettivo indurre le banche commerciali a trarre insegna­mento dalla crisi finanziaria e mi­gliorare i loro meccanismi di in­centivazione salariale, per evita­re che il loro personale assuma rischi a causa di incentivi inap­propriati». La Cina si è dunque allineata alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti.
Ma ...
... non basta. Le banche, in ef­fetti, sono solo uno degli opera­tori del sistema finanziario che possono mostrare comporta­menti banditeschi (e guadagnar­si, nel caso delle banche, il nomi­gnolo di «bankster»). Anche per gli altri oggi si annunciano guai. Grande è la discrezione dei go­verni al riguardo, di che si parli al loro interno non si apprende gran che al di fuori, ma certo è che qualcosa si sta preparando.
L'allarme è stato lanciato dal pri­mo ministro greco Iórghos Pa­pandreu, che ha fatto notare co­me l'attacco speculativo sull'eu­ro e sulla Grecia stia rendendo molto più arduo il riequilibrio dell'economia del Paese: una fi­nanza pubblica già in difficoltà si trova a dover pagare sul proprio debito tassi d'interesse superio­ri al 6%. L'attacco della specula­zione si attua attraverso uno stru­mento finanziario derivato chia­mato CDS, sigla che non sta per «casinò di scommesse» ma per «credit default swap». I CDS ven­gono creati dalle assicurazioni e venduti alle banche che hanno qualche esposizione al debito di certi enti, che possono anche es­sere imprese, ma più spesso so­no Stati sovrani. Se il debitore non paga, scattano i rimborsi ai pro­prietari dei CDS.
Il guaio è che le banche sono per­fettamente libere di rivendere questi derivati a chi vogliono, ov­viamente a condizione di trova­re qualcuno che intenda acqui­starli. Un secondo guaio è che la quotazione di mercato dei CDS tende ad essere presa come un indice dello stato di salute finan­ziaria dell'emittente dei titoli sot­tostanti. Sicchè se qualcuno si mette a comprare CDS a credito, facendone salire il prezzo, que­sto si traduce nella percezione di una maggiore rischiosità del­l'emittente (un nome a caso, la Grecia) e dunque porta all'au­mento dei tassi sul suo debito. A sua volta, il fatto di dover pagare alti tassi rende la Grecia più fra­gile sul piano economico e dun­que più esposta al rischio di un default.
Lo stesso risultato si potrebbe ot­tenere vendendo allo scoperto i titoli sottostanti. Ma ci vorrebbe­ro spalle molto più larghe. Ope­ratori come gli hedge fund, che hanno l'indebitamento facile co­me e più dei governi, preferisco­no allora sfruttare l'effetto leva dei CDS. Ecco che il credito quasi senza limiti di cui possono di­sporre viene messo al lavoro per peggiorare la posizione del Paese preso di mira.
Nei giorni scorsi Papandreu è an­dato a raccontare queste cose a Obama, che ha promesso l'aiuto degli Stati Uniti e ha messo il te­ma sull'agenda del prossimo in­contro del G20. Ma prima anco­ra ne aveva parlato con i leader europei, dai quali sono usciti ru­mori spaventosi per gli hedge fund. Sarkozy e Merkel hanno detto che presto ci saranno mi­sure concrete di supporto. Il Par­lamento europeo ha votato una richiesta alla Commissione eu­ropea perché «esamini con at­tenzione», entro la data in cui si terrà il prossimo G20, la possibi­lità di instaurare una tassa mon­diale sulle transazioni finanzia­rie. Si tratta della cosiddetta «To­bin Tax» dello 0,005%, capace di frenare la girandola di transazio­ni finanziarie che oggi può facil­mente sfuggire al controllo e sca­tenare una crisi.
Ci sono già misure concrete, an­che se non indiscusse. Come rap­presaglia contro il ruolo chiave giocato dalle banche USA nella crisi finanziaria, i Paesi europei stanno cercando di tagliarli fuo­ri dalle emissioni di titoli sovrani europei. «Di loro non ci si può fi­dare», prendono ancora troppi ri­schi, destabilizzano, dicono in Europa. Gli americani però non sono d'accordo. Le regole sugli hedge fund e l'industria del pri­vate equity allo studio da parte della Commissione europea po­trebbero incrinare le relazioni transatlantiche. È l'avvertimento lanciato dal segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, in una lettera. Nella missiva, Gei­thner mette in evidenza che gli Stati Uniti e l'Europa devono lavo­rare insieme sulle regole della fi­nanza e spiega «chiaramente» che «l'Unione europea va incon­tro a uno scontro con Washington se va avanti in quella che gli Sta­ti Uniti e la Gran Bretagna temo­no sia una legge protezionistica».
Paolo Brera
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